Archivi per il mese di: giugno, 2007

A metà tra il romanzo e il saggio il libro Luigi Bolognini, giornalista di Repubblica, colma una lacuna nella letteratura sportiva italiana che pure in questi anni si è fatta sempre più prolifica. La “squadra spezzata” a cui fa riferimento il titolo è infatti la nazionale ungherese degli anni Cinquanta di cui da noi finora non esisteva alcuna pubblicazione monografica.
Frutto di una ricerca fatta in loco, sia negli archivi che percorrendo quelle stesse strade di Budapest dove sono ambientate gran parte delle vicende, la narrazione si alterna alle statistiche e al dato storico praticamente fino alla fine. E se talvolta questa mescolanza crea degli squilibri strutturali, la mano di Bolognini è abbastanza salda da mantenere tutto in equilibrio sul filo della memoria. Compito non sempre facile se consideriamo che questa memoria assomma in sé una buona dose di ambiguità. Perché i trionfi di una delle migliori squadre di calcio di tutti i tempi non potevano essere considerati solo successi sportivi in sé e per sé ma anche strumento di propaganda, proposti come dimostrazione esemplare del successo dell’ideologia comunista.
Tutto questo è visto attraverso gli occhi del piccolo Gabor che cresce col mito di Puskas e di una squadra imbattibile e si ritrova invece a fare i conti con ben altri capovolgimenti di fronte. Prima la clamorosa rimonta e conseguente sconfitta nella finale della coppa Rimet ad opera della Germania Ovest, e poi l’invasione dei carrarmati russi a Budapest. Del resto c’è chi sostiene che fu l’imprevista debacle di quei formidabili giocatori (che come dice Beccantini nell’introduzione “offrivano asilo estetico ai cacciatori del bello”) a provocare i moti di rivolta che portatono nel 1956 alla repressione del Cremlino. Bolognini preferisce comunque essere lucido fino in fondo tanto che la sconfitta ai mondiali non sfonda in una dimensione epica, altra, che porterà al dramma di un intero popolo. Il libro si chiude infatti su Gabor che invece di scappare insieme ai suoi genitori dalla città devastata preferisce tornare nelle piazze a lottare per una società migliore, non prima però di essersi infilato la maglia numero dieci, quella di Puskas.

Quando la Storia incon­tra l’emozione ne esce un libro come questo, da leggere tutto d’un fiato, una passeggiata negli an­ni ’50, a scopri­re chi/ cosa era la Honved, squadra da leg­genda, pensate a quello che fu il Toro di Valen­tino Mazzola da noi, potenza magiara come si diceva una volta alle prese con il regime comunista: Hidekguti, Czibor, Kocsis e poi lui, Puskas, leggerezza da mi­to in corpo da film. La squadra spezzata di Bo­lognini di Repubblica è un romanzo sul calcio, e il calcio – tra le pagine – tor­na alla sua dimensione essenziale: gioco, piacere, dramma, vita che si spor­ca, esplorazione dell’ani­mo umano, lì dove il pallo­ne segue gli eventi della Storia, quella del mondo che sta cambiando, e delle piccole storie nobili di un gruppo di giocatori, uomi­ni che vivono una fase di pas­saggio – la me­glio gioventù – e poi salgono ( scendono?) in una età più matura, nel tempo in cui il dribbling non riesce più come una volta e l’assist si perde chissà dove, lasciando tut­ti più stanchi.

Sabato 16 giugno sarò a Pontremoli alla Fiera del Libro Sportivo. Alle 17 presenterò il libro assieme a Roberto Beccantini della Stampa.

Mercoledì 6 alle 18 sarò a Budapest all’Istituto di cultura italiana. Con me Matteo Marani, autore di Dallo scudetto ad Auschwitz e il giornalista della tv Sport1 Tamas Misur.

Ungheria, secondo dopoguerra. La morsa del regime comunista di Rakosi è stringente. Dilagano fame e miseria, la gente va a letto con il terrore che nella notte la polizia politica bussi alla porta per prelevare qualcuno.
Per fortuna c’è la Nazionale di calcio. Quella Aranycsapat, “la squadra d’oro” di Puskas e Hidegkuti che fa sognare e dimenticare le tristezze di tutti i giorni. Una sola sconfitta in cinquanta partite fra il 1950 e il 1956. Ma come se un incantesimo svanisse, il giorno in cui gli undici calciatori perdono la finale di coppa Rimet del ’54 contro l’odiata Germania Ovest, il popolo ungherese scende in strada per contestare: prima gli avversari, poi l’autorità e il Partito. E’ la prima volta, e sarà il preludio per la rivoluzione di due anni dopo, repressa nel sangue dall’armata sovietica.
Vicende calcistiche e storia magiara sono intrecciate abilmente da Luigi Bolognini, giornalista di Repubblica, nel romanzo La squadra spezzata (Limina, pp.149, euro 14).
Protagonista è il giovane Gabor, figlio di un operaio di Budapest, fanatico tifoso di calcio e di Puskas in particolare. Il suo entusiasmo infantile è lo stesso di un popolo che nella “squadra d’oro” trova i modelli da imitare, e in cui ripone l’orgoglio di un’intera nazione.
Bolognini offre l’occasione di leggere suggestive descrizioni di gesti tecnici e atletici, sempre più rare nell’epoca delle moviole ripetute all’esasperazione in tv.
Un piacere romantico per chi ricorda i gol “visti” solo la mattina dopo, nella cronaca sportiva dei giornali. “Johnston rinculò, rinculò, rinculò, e a furia di rinculare Hidegkuti si trovò liberissimo al limite dell’area e da lì poté tirare un diagonale arrotato all’incrocio più lontano”. Così l’Ungheria, dopo neanche mezzo minuto dal fischio d’inizio, va in vantaggio a Wembley, nello storico match contro gli inventori del calcio. “Il socialismo batte il capitalismo”, l’indomani, è il titolo del quotidiano del Partito sulla vittoria ungherese per 6 a 3, replicata anche nella rivincita a Budapest, sette a uno.
Per il regime l’undici del calcio è la migliore realizzazione del socialismo, e soprattutto un efficace strumento di propaganda: un eccellente biglietto da visita per le platee che affollano gli stadi all’estero quando arrivano Puskas e compagni, e un narcotico per tenere buona la piazza entro confine. Poco prima della delicata finale olimpica del 1952 in Finlandia, contro la Jugoslavia revisionista di Tito, lo stesso primo ministro Rakosi telefona all’allenatore magiaro Sebes: “Sappia che una sconfitta non sarà tollerata”. Per la gioia di Gabor, e la fortuna di Sebes, arriva l’oro. Poi ancora vittorie, e valanghe di gol applauditi dai tifosi di mezza Europa.
Ma a un certo momento il sogno vacilla, il calcio non riscatta la storia del paese. Arriva la disastrosa sconfitta nella finale di Coppa Rimet in Svizzera. Proprio contro la Germania Ovest, i cui soldati dieci anni prima avevano occupato l’Ungheria. Nelle strade di Budapest, tutti vogliono vendicate quelle ferite. Ma il pareggio di Puskas al 90′ viene annullato e i tedeschi si impongono per 3 a 2.
E’ la svolta. La disfatta calcistica scoperchia anni di frustrazioni, per la fame e la paura della polizia politica: la gente scende in piazza. “Serviva perdere la Rimet per ribellarsi. Nessuno protesta per la dittatura”, capisce ora Gabor, che due anni più tardi, con indosso la maglietta di Puskas, lotterà insieme al suo popolo per la libertà.
Intanto gli idoli della “squadra d’oro” si saranno dispersi per l’Europa in cerca di migliori fortune.